giovedì 21 novembre 2013

Non comprate un’auto: affittatela



Non è solo questione di vita sobria, di minor impatto ambientale perché affittare un’auto, conti alla mano, conviene in ogni caso ai singoli e alle città. È un’ottima alternativa all’acquisto, soprattutto di una seconda auto: a Milano restano parcheggiate per il 97 per cento del tempo. E il costo medio, oltre alle spese per l’acquisto, è di 3500 euro l’anno per percorrere 5 mila chilometri.
Il Sole24 calcola che il costo di esercizio di una utilitaria per 5mila chilometri, calcolando 0,72525808 euro a chilometro, è di 3.600 euro, mentre per 10mila chilometri, calcolando 0,46965776 a chilometro, si arriva a 4.700 euro. Il costo di un car sharing per l’iscrizione varia da: 19 a 120 euro per anno. L’utilizzo per 2 ore e 50 chilometri: dai 27 ai 30 euro. Per 100 utilizzi annuali sono circa 3mila euro. Una nuova formula innovativa è Car2go perché basta associarsi e si può con una app si può prendere e lasciare la macchina dove si vuole all’interno dell’area metropolitana di Milano. È una formula efficiente e competitiva che ha già raggiunto 50 mila iscritti. Funziona anche per i giovani, per cui non è sempre necessario comprargli la macchina, tanto che nel 2014 Car2go approderà anche a Bologna, Firenze e Roma. Da fine anno ci sarà a Milano la concorrenza, per il libero mercato del car sharing di Eni (con Fiat e Trenitalia come partner) con le autovetture, come Car2go, che si potranno prendere e lasciare in qualsiasi punto all'interno dell’area coperta. A Napoli, invece, operano Bee green mobility sharing e Ci.ro, mentre e-Vai fornisce auto elettriche alle stazioni di Trenord in Lombardia. In tutta Italia il servizio di car sharing è attivatoin una ventina di città, tra cui Bologna, Genova, Milano, Palermo, Roma, Torino, Venezia.
In Europa, secondo una ricerca, entro il 2020, gli iscritti saranno 15 milioni, mentre i veicoli in condivisione arriveranno a quota 240 mila, per un terzo a propulsione elettrica. 



Tre vantaggi
1) Risparmio sulle spese di acquisto e dei costi di esercizio di un'auto
2) Accesso a corsie preferenziali, a Ztl e a posti riservati (secondo il gestore)
3) Meno traffico e inquinamento e più spazi disponibili per i parcheggi
Tre svantaggi
1) Bisogna attivarsi per ogni utilizzo
2) Se si va e si resta in un luogo si paga anche la permanenza prima del ritorno o si deve disattivare il servizio
3)Per spostamenti più lunghi o per più giorni può essere opportuno avere o noleggiare un mezzo


lunedì 4 novembre 2013

Il positivo della crisi

La crisi continua a mordere e molti economisti ancora non vedono la luce in fondo al tunnel. In ogni caso la parabola discendente dell’economia occidentale non è inutile, ci ha insegnato che è effimera la felicità promessa del consumismo e abbiamo imparato che ci sono degli effetti positivi sui comportamenti dei singoli e degli Stati. Aumentare le tasse, per esempio, su alcool e fumo, com’è successo in Gran Bretagna e in Finlandia ha avuto ricadute positive sulla salute dei cittadini, sono diminuite le malattie correlate all’uso di tabacco e Bacco. Vuol dire meno spese per la Sanità, meno uscite personali per vizi inutili. La mancanza di risorse, anche se il costo del carburamte è diminuito del 5,5 per cento, ha costretto a usare meno la macchina. Vuol dire crescita dell’uso di trasporto pubblico, diminuzione del traffico perché, dove è possibile, ha avuto un grande incremento l’uso della bicicletta. Effetti collaterali: città un po’ meno congestionate dal traffico, riduzione di anidride carbonica nell’atmosfera e, soprattutto, calo dei morti per incidenti stradali.
Tra gli effetti positivi anche il recupero del fare, della manualità. Dal pane fatto in casa all’orticoltura, alla riparazione di oggetti che prima si cestinavano con facilità. Mia moglie con un euro di farina fa a mano il pane per un’intera settimana, anche se è vero che ne mangiamo poco, e una teglia di pizza con 0,60 centesimi di farina.
Fare significa per l’antropologo Tim Ingold che ha appena pubblicato Making intraprendere un lavoro creativo che implica maestria, intelligenza, rivalutando quel lavoro manuale che ha fatto grande l’Italia. Riscoprire antichi e nuovi mestieri, lavori legati all’agricoltura, al manifatturiero, al territorio potrebbe essere una via di rilancio perseguibile. Da grandi artigiani è nata la moda italiana, da ottimi cuochi e viticoltori la cucina e l’enogastronomia. «Il fare − scrive Adriano Favole sul Corsera − non è un’attività ancillare e secondaria rispetto al conoscere, ma è espressione di quel sapere incorporato in cui forma e materia si compongono in una tessitura complessa e inestricabile». Il fare artigianale garantisce innovazione, sperimentazione, originalità, personalismo e non è inferiore alla serialità industriale e ingegneristica.