mercoledì 30 novembre 2011

Cambiare il mondo

Come cambiare il mondo con gli stili di vita è il titolo di un nuovo libro della Emi in uscita a gennaio 2012.

Dall'introduzione leggiamo:

«È molto più facile fare assistenzialismo perché non richiede nessun impegno di cambiamento delle nostre abitudini. Ci si mette la coscienza a posto perché si è dato qualcosa in forma di denaro o di aiuti, mentre tutto continua come prima con stili di vita che inquinano l’ambiente, che generano un consumismo spietato, che svuotano la vita di relazioni umane, che trattano le persone come esseri pericolosi da allontanare e discriminare. Oggi la parola chiave è cambiare, non più assistere.

È cambiando che ci ritroviamo tutti sullo stesso cammino, fianco a fianco e passo dopo passo, per costruire finalmente un mondo dove tutti possano ritrovarsi alla stessa mensa della vita, con la responsabilità di garantire a ciascuno ciò che gli spetta di diritto, ciò di cui ha bisogno per un’esistenza dignitosa».

Adriano Sella

giovedì 24 novembre 2011

Consuma sobrio

Nell'introduzione alla nuova Guida al consumo critico 2012, scritta da Francesco Gesuladi, tra l'altro si legge:

"L'unico modo per preservare le risorse non rinnovabili o scarsamente rinnovabili è convertirci alla sobrietà, ossia a uno stile di vita, personale e collettivo, più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali...Del resto la sobrietà è un imperativo di giustizia nei confronti dei tre miliardi di poveri assoluti che non riescono a soddisfare nenache i bisogni fondamentali".

E indica alcune strade: prima di ogni acquisto chiedersi se veramente ne abbiamo bisogno, cercare prima l'usato da amici e parenti, tenere la contabilità della propria spesa, rivedere i consumi privati e quelli collettivi.

"Nella vita di tutti i giorni - aggiunge Francesco Gesualdi - la sobrietà passa attraverso piccole scelte come quella di utilizzare meno auto più bicicletta, meno mezzo privato più mezzo pubblico, meno carne più legumi, meno prodotti globalizati più prodotti locali, meno merendine confezionate più panini fatti in casa, meno cibi surgelati più prodotti di stagione, meno acqua imbottigliata più acqua del rubinetto, meno cibi precotti più tempo in cucina, meno recipienti a termine più prodotti alla spina, meno pasti ingrassanti più correttezza alimentare".

E così via, per sapere cosa fare bisogna informarsi e questa è un utilissima Guida.

Dice il saggio pellerossa

Tempo fa un vecchio capo indiano ci mise in guardia con questo brano sempre attualissimo.

"Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,
l’ultimo fiume avvelenato,
l’ultimo pesce pescato,

vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.
La nostra terra vale più del vostro denaro.
E durerà per sempre.

Non verrà distrutta neppure dalle fiamme del fuoco.
Finchè il sole splenderà e l’acqua scorrerà,
darà vita a uomini e animali.


Non si può vendere la vita degli uomini e degli animali;
è stato il Grande Spirito a porre qui la terra
e non possiamo venderla
perchè non ci appartiene.


Potete contare il vostro denaro
e potete bruciarlo nel tempo in cui un bisonte piega la testa,
ma soltanto il Grande Spirito sa contare i granelli di sabbia
e i fili d’erba della nostra terra.


Come dono per voi vi diamo tutto quello che abbiamo
e che potete portare con voi,
ma la terra mai.

Piede di Corvo, Piedineri

mercoledì 9 novembre 2011

I Beppini

Dagli scarti della frutta e della verdura nascono 64 creme di una leccornia unica

A volte le grandi idee sono semplici e nascono come risposta a un dolore. In questo caso era, addirittura, angoscia. Quella provata nell’ascoltare una trasmissione tv che sentenziava: «Da qui a pochi anni sulla terra non ci sarà più cibo per tutti».

Siamo nel 1992 e Beppe Porqueddu, (la sua storia potete trovarla sul n. 23/2010 di Città Nuova), osserva per la prima volta con occhi diversi i fichi e i fichi d’India, colorati e abbondanti, che nel giardino dei suoi nonni in Sardegna non riscuotono tanto successo né in famiglia né tra gli amici. La prima idea è, invece, di non lasciare quei frutti incolti, di farne della crema da dessert e del liquore di fico d’India che ancora non viene prodotto industrialmente.

Perché la terra non basta a produrre cibo per tutti – è la domanda di Beppe – «se a pochi metri da casa mia il buon Dio fa crescere tutta questa roba, buona e nutriente, che spesso viene derisa come inutile?». Altra intuizione. D’estate, da ragazzo, Beppe aiuta il padre nei lavori dei campi e così ha modo di conoscere i vari tipi di ortaggi. Gettare pomodori, melanzane, bucce di finocchi e perfino le bucce dell’anguria gli sembra uno spreco. Come farne una risorsa? «Ero attento osservatore – racconta Beppe – delle cose che tutti buttano e chi l’ha detto che non sono buone?». Ormai adulto, e trasferito a Roma per lavoro, il profumo delle parti scartate del finocchio gli fa venire in mente l’idea di un condimento per la pasta.

S’inventa una crema vellutata con olio d’oliva, sale e gli scarti del finocchio: una vera délicatesse. In breve si moltiplicano i vari prodotti. Le creme, dolci e salate e i liquori, per ora, raggiungono quota 64. E nascono dalla carruba, dalle bucce di anguria, di arancia, di pesca, mescolate con frutta, ortaggi, anche in versione piccante, con peperoncino. Tutto rigorosamente biologico, sterilizzato in modo naturale, senza conservanti e additivi di nessun genere. L’intera collezione, dal nome di battesimo del suo ideatore, si chiama “I Beppini: gusti, profumi e sapori dell’orto dei nonni di casa mia”, perché tutto nasce dall’antica cultura contadina che, conoscendo ogni varietà dei frutti della natura, non getta nulla.

“Formaggiando sfizioso” sono, invece, 14 diverse ricette di prodotti da abbinare ai formaggi. Ci sono 12 varianti di fichi, anche al rum.

Per il dessert la serie “Un cioccolatino da mangiare con il cucchiaino”. Un elegante vasetto composto da vari strati di crema dolce di frutta e di verdure alternati a cioccolata e pensato per la festa di san Valentino, per essere mangiato “a due”, con un unico cucchiaino per gli innamorati di ogni età.

venerdì 4 novembre 2011

Da spreco a risorsa

Come fare a non buttare nella spazzatura quintali di prodotti alimentari invenduti?
La scena a cui ho assistito sotto casa l’altra sera ha dell’assurdo. Ma è molto più frequente di quanto si pensi. Su di un furgoncino vengono versati secchi e secchi pieni di carne provenienti dal supermercato sottostante. La destinazione è evidente: diventeranno spazzatura. Stessa sorte per quei sacchi di pane accatastati lì vicino e per quella frutta matura che non si può più vendere. Poco più avanti, davanti alle porte di una chiesa, c’è chi chiede l’elemosina e di fronte alla parrocchia si è aperto un nuovo sportello della Caritas, perché i bisogni di chi non arriva alla famosa quarta settimana, e neanche alla terza, sono in aumento.

Anomalie di un sistema sociale che vive pienamente la crisi e che rischia di finire per abituarci alle cose più assurde, come quelle appena descritte. I dati sono preoccupanti. Secondo Il libro nero dello spreco in Italia (Ed. Ambiente), curato da Last Minute Market, società di ricerca dell’università di Bologna, nel nostro Paese ogni anno finiscono nella spazzatura 12 miliardi di euro, quanto basterebbe per sfamare 636 mila persone. Gli ipermercati buttano via ogni giorno 250 chili di cibo, mentre 20 milioni di tonnellate di cibo ancora buono proveniente dai campi o dalle case finiscono tra i rifiuti. Una tendenza, come è logico, purtroppo, non solo italiana: dal 1974 a oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50 per cento.

Nel nostro Paese qualche buona proposta per invertire la tendenza non è mancata. Nel 2003 era entrata in vigore la legge detta del buon samaritano che autorizzava le onlus a distribuire gratuitamente prodotti alimentari agli indigenti. Queste, di fatto, possono prelevare da mense, ristoranti, supermercati, cibo ancora buono, ma invenduto, e portarlo a chi ne ha bisogno. A distanza di anni, però, sono stati riscontrati alcuni difetti dell’impianto normativo, ostacoli fiscali e igienico-sanitari, che di fatto impediscono tale azione. Già nei mesi scorsi mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, aveva lanciato l’idea della bread-card, una carta del pane che autorizzi le persone disagiate a recuperare di persona i prodotti nei forni, nelle pizzerie, nei supermercati e nelle mense del loro quartiere, in un orario prefissato a fine giornata. «Portare quantitativi di pane, pizza, biscotti nei nostri centri non è la soluzione – afferma mons. Feroci –: sarebbero troppi anche per noi e i trasporti troppo costosi e ingombranti. Perché invece di far muovere le merci non facciamo muovere le persone? Attraverso le card si creerebbe una rete di solidarietà allargata a tutta la città: un intero territorio solidale e non solo degli snodi solidali». A Caritas, municipi, comune spetterebbe in questo caso il ruolo di ponte fra chi offre e chi chiede.

Altra proposta: un recente disegno legge bipartisan presentato da 30 senatori di tutti i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione. “Un pasto in famiglia”, questo il suo nome, è finalizzato alla semplificazione degli adempimenti burocratici e fiscali a carico dei soggetti donatori. Un’iniziativa, che, come spiega il primo firmatario, il senatore Luigi Grillo, «mira a liberare le grandi potenzialità delle micro-donazioni a favore delle comunità e delle associazioni, ma anche dei singoli nuclei familiari».

Non si fa fatica a immaginare che il buon senso dei singoli porti, ad esempio, un pizzaiolo a donare al povero vicino quanto gli avanza piuttosto che buttarlo, ma se questo stesso buon senso finisse dentro una legge…

Aurora Nicosia